Dal 1985 catalizzatore per tutte le Opel
40 anni fa la Casa tedesca scommetta sul catalizzatore. Da Autunno 1989 primo costruttore tedesco con una gamma catalizzata. Un investimento iniziale di oltre un miliardo di Marchi.
Chi si ricorda ancora dell’esistenza del convertitore catalitico? Forse, solo il capo-officina della concessionaria. Eppure 40 anni fa era considerato ancora l”oggetto misterioso” in grado di ridurre l’impatto ambientale delle nostre automobili… ammesso di trovare uno degli allora rari distributori che avevano la benzina verde. Nondimeno Opel volle ugualmente scommettere su questo dispositivo. E la scommessa di rivelò presto vincente.
Era il Gennaio 1985 – esattamente 40 anni fa – quando la Casa di Ruesselsheim presentava una Opel Ascona-C 1.8i dotata di marmitta catalitica. Ed era solo l’inizio. A partire da Ottobre dello stesso anno ogni modello della gamma Opel era disponibile anche in versione catalizzata. In quel periodo la Corsa 1.3 era la prima macchina di cilindrata fino a 1.400 cc dotata della migliore tecnica di riduzione di gas di scarico che rispettava le severe normative USA in materia.
Catalizzatore senza sovrapprezzo
Un anno dopo, nell’Autunno 1986, Opel faceva parlare nuovamente di sè, offrendo, senza alcuna differenza di prezzo, versioni con catalizzatore della nuova Omega-B. La stessa politica dei prezzi fu seguita dodici mesi dopo alla presentazione della nuova Senator. E ancora. Nel 1988 – dopo ad essersi insediata al primo posto nelle vendite di auto con catalizzatore – Opel presentava la nuova Vectra. Il modello di classe medio-alta destinato a prendere il posto della Ascona era la prima berlina tedesca della sua categoria equipaggiato di serie con la marmitta catalitica. Quale primo produttore tedesco nell’Aprile 1989 la Opel dotò tutti i suoi modelli di serie con marmitte catalitiche, a partire dalla piccola Corsa fino alla raffinata Senator. Contemporaneamente Opel abbassava i prezzi delle versioni con catalizzatore di Corsa, Kadett ed Omega.
«La decisione di offrire da Aprile 1989 tutti i modelli a benzina solo con catalizzatore ha rafforzato il suo ruolo guida di Opel all’interno dell’industria automobilistica tedesca nel campo della protezione dell’ambiente. Noi abbiamo lanciato un segnale e ci siamo posti come esempio per le altre Case automobilistiche» diceva Georg Hehner, all’epoca membro della direzione vendite. «L’offensiva del catalizzatore rappresentava per noi l’apice di una coerente politica aziendale pluriennale che dà priorità al rispetto dell’ambiente. Questa strategia corrisponde in pieno al desiderio della nostra clientela di contribuire attivamente alla protezione dell’ambiente e della natura. Perciò l’offensiva del catalizzatore rappresenta la decisione giusta al momento giusto. La stragrande maggioranza degli automobilisti ha accettato e ripagato il segnale dell’Opel: l’87% dei clienti Opel oggi opta per un modello con catalizzatore».
Un miliardo di Marchi per cominciare
All’epoca la Adam Opel AG investì dal 1984 più di un miliardo di Marchi nello sviluppo della tecnologia catalitica. Solo l’installazione di nuovi banchi prova ed impianti per i test costarono 100 milioni di Marchi. Le moderne apparecchiature permettevano però di verificare i nuovi sistemi di riduzione dei gas di scarico. Circa 200 ingegneri della Opel si occuparono del problema del rispetto dell’ambiente nel centro di sviluppo tecnico a Rüsselsheim.
Già subito dopo la dichiarazione d’intenti del governo federale di imporre anche in Germania i limiti americani alle emissioni inquinanti, gli esperti Opel davano l’avvio ad un programma di sviluppo di ampio respiro nel campo della riduzione delle emissioni inquinanti. Non solo si progettava di preparare i motori per il più basso numero di ottani e per la benzina senza piombo. Anche i catalizzatori dovevano essere sviluppati in maniera tale da soddisfare le notevoli esigenze del traffico stradale europeo. I catalizzatori USA in materiale sfuso non trovavano soddisfatti gli ingegneri Opel a causa della loro eccessiva usura.
Riduzione chimica: così lavora il catalizzatore.
L’etimologia della parola “catalizzatore”, dal greco “katalysis”, significa “scioglimento”. In chimica il catalizzatore è un materiale che con la sua presenza, pur non subendo modificazioni, provoca od influenza reazioni chimiche. Basta questo per descrivere efficacemente il suo compito nel sistema di scarico dell’autovettura: il catalizzatore trasforma chimicamente i gas inquinanti di scarico, cioè ossido di carbonio (CO) benzene (CH) ed ossido di azoto (NOx).
Con l’ossigenazione (ossidazione) gli ossido di carbonio e di benzene si trasformano nei composti atossici, quali anidride carbonica (CO2) ed acqua (H2O). Per la riduzione della emissione dell’ossido di azoto di un motore a benzina, il catalizzatore si serve di un ausilio che sottrae all’ossido d’azoto l’ossigeno. I tecnici utilizzano per questo una proprietà dell’ossido di carbonio: l’ossido di azoto reagisce con l’ossido di carbonio formando l’azoto, uno dei componenti principali dell’aria che respiriamo. Questo processo di trasformazione viene chiamato “riduzione” dai chimici.
I catalizzatori che trasformano contemporaneamente questi tre composti tossici dei gas di scarico sono chiamati catalizzatori a tre vie. Sono formati da canali paralleli. I catalizzatori delle Opel ne possedevano già 40 anni fa ben 65 canali per centimetro quadrato. L’interno dei catalizzatori è realizzato con più strati di silicato di magnesio‑alluminio, resistenti al calore. Esso è denominato “Wasch‑Coat”. Sulla sua superficie attiva avvengono le reazioni: se fosse disteso a terra coprirebbe addirittura la superficie di due campi di calcio “Wasch‑Coat” è il materiale portatore dei due metalli nobili platino e radio, applicati nel rapporto di circa 5:1.
Questo strato (di 2,5 fino a 3,0) rende più veloce ed intenso il processo di trasformazione dei gas di scarico inquinanti e perciò contribuisce ad una notevole riduzione degli stessi. Tuttavia solo con un rapporto di 14,6 kg d’aria per kg di carburante si realizza un’ottimale ossidazione e riduzione dei gas di scarico. La sonda Lambda provvede a che questa “miscelazione”, che i tecnici chiamano “Lambda 1”, venga rispettata. Essa si trova anteriormente al catalizzatore nel tubo di scappamento e forma, assieme al motore ed all’iniezione, un ciclo regolare. L’elettronica, con l’ausilio dei dati provenienti in continuazione dal misuratore di flusso, guida la formazione della miscela del motore.